Cara Airali,
che cosa sarebbe "ciò che va oltre"? Ci sono filosofi che hanno costruito la loro fortuna su espressioni come queste (o sull'uso delle lineette, alla Heidegger: non "provocare" ma "pro-vocare", o alla Derrida:"dif-ferenza": cioè?): Come faccio a pensare/parlare di qualcosa di vago che sta oltre un confine non stabilito?
Credo che la cosa chiamata filosofia sia oggi costretta tra la scienza, che ha contribuito a far nascere (ed è comunque stato un contributo notevole), e la letteratura; ammetto che sia affascinante ma la filosofia-letteratura non mi va, sopporto solo Leopardi, il cui oltre è un abisso insensato, una coltre di dolore, un
in-oltre che è comunque un
ex 
. Come vedi posso essere bravo a vender fumo, quasi come Cacciari!
Caro Jimi,
sarei d'accordo con te (e con Kant, che la pensava quasi così) se non fosse che hotre perplessità:
1. perché la filosofia dovrebbe sovraintendere e non piuttosto sottointendere, ovvero darsi il ruolo di dubitatore finale, piuttosto che di esecutore iniziale? Questo ruolo ormai l'ha perduto, giustamente, poiché le filosofie sistematiche sono tramontate.
2. ma comunque ha le conoscenze per poterlo fare? Mi spiego con un esempio: Einstein dice "Dio non gioca a dadi con l'universo", questa è un'affermazione metafisica non scientifica che potrebbe fare un filosofo, tuttavia il filosofo non saprebbe mica tanto di che parla perché non è in grado, come Eistein, di comprendere perché la meccanica quantistica è un gioco di dadi. Quindi Einstein ha maggior credito anche come filosofo, quando fa il filosofo.
3. Ma allora accade che pur rimanendo la filosofia come atteggiamento (razionale) critico nei confronti degli altri saperi, essa di diffonderebbe ovunque, cioè tutti i critici sarebbero filosofi, ergo non ci sarebbero più filosofi, intesi come corporazione specialistica. E neanche la filosofia come branca di sapere. Addio ai filosofi laureati
ciao